Principi base sulla felicità, capire cosa ti rende felice, essere felici davvero.
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Per trovare la tua strada per essere felice devi conoscere alcuni aspetti chiave della psicologia umana: il Principio di Adattamento e il Principio del Progresso. Ma devi anche conoscere la differenza tra la contentezza e felicità, e imparare a discernere cosa davvero ti rende felice. Ecco come essere felici.
Casa fai per essere davvero felice?
In cosa speri, cosa auspichi, cosa desideri, cosa fai concretamente per conquistarti la felicità?
Troppo spesso ci lasciamo andare alla corrente della vita. Viviamo l’esistenza senza mettere in dubbio abitudini e credenze di chi ci ha educato. Seguiamo disarmati lo svolgersi degli eventi, senza fermarci a capire e decidere dove vogliamo andare, e cosa ci aspettiamo di ottenere.
La vita ci spinge a non domandarci come fare per essere felici, ma a cercare piuttosto soluzioni facili, usa e getta, per piccole soddisfazioni quotidiane. Le stesse che poi non ti bastano più, e volta per volta ti costringono ad alzare il tiro.
Il primo passaggio chiave per essere felici è porsi la domanda giusta: “cosa mi rende davvero felice?”. Non contento. E non oggi. Felice, per davvero, e per sempre.
Il secondo passaggio è darsi risposte vere, potenti, e che siano sufficientemente profonde da valere a lungo, e indipendentemente dagli eventi che possono capitare.
La mancanza di chiarezza, come in ogni cosa, porta a risultati mediocri. E se sei mediocremente felice, o se già punti a più abbordabili contentezze passeggere, allora è il momento di reagire.
Clicca questo link per capire cos’è la felicità, o prosegui per capire come fare per essere davvero felici.
Il Principio di Adattamento
Sin dai tempi dell’antica Grecia, la filosofia ha professato la relatività della felicità: gli eventi possono alterare lo stato di felicità solo per un certo periodo. Qualunque cosa accada, prima o poi l’essere umano torna verso il proprio “normale” equilibro di felicità.
Dopo un paio di millenni, la scienza ha dimostrato questa teoria. Gli studiosi Brickman, Coates e Janoff-Bulman hanno messo a confronto 22 vincitori di lotterie milionarie con altrettante vittime di incidenti gravissimi, condannati per sempre alla paralisi 1.
Il risultato?
Dopo un primo periodo di grande eccitamento, i vincitori di lotteria tornavano al loro precedente livello di felicità. Con un limite in più: provavano meno piacere davanti ad eventi positivi che capitavano nella loro vita. Come se a confronto con la grandiosa fortuna di vincere la lotteria, ogni altro evento positivo avesse perso di rilevanza.
Discorso molto simile, ma esattamente all’inverso, per chi è stato costretto alla paralisi. Anche se per questi l’adattamento all’invalidità è spesso lento e non sempre completo, gli studi hanno provato che valgono gli stessi principi di chi ha vinto la lotteria. A tal proposito mi hanno colpito molto le fortissime parole che Stephen Hawking, il famoso fisico costretto alla paralisi sin dalla gioventù, ha rilasciato tempo fa al New York Times:
“Le mie aspettative si sono ridotte a zero a 21 anni. Ogni cosa da allora è stato un bonus”.
Stephen Hawking
I neuroni si assuefanno agli stimoli esterni, siano essi positivi o negativi. E questo è ormai provato.
Ma non solo: la mente ricalibra le proprie aspettative in base a ciò che hai già vissuto. Se hai vinto la lotteria, non ti basterà più un piccolo successo per renderti felice. Se sei costretto su una sedia a rotelle, un evento sfortunato più modesto potrebbe non farti né caldo né freddo.
Ecco perché il tuo prossimo viaggio potrebbe non soddisfarti quanto il primo, il tuo prossimo euro guadagnato non ti soddisferà tanto quanto il primo, e così via.
Per il Principio di Adattamento, la tua mente tende ad assuefarsi agli stimoli esterni, sia positivi che negativi, e ricalibrare le tue aspettative in base a ciò che accade e che hai già vissuto.
Quindi non puoi delegare la tua felicità a fattori esterni quali soldi, fama, successo, possedimenti, relazioni, esperienze, emozioni. Presto la tua mente ci si abituerà, e tu tornerai al livello di felicità precedente.
Ora. La domanda interessante è: c’è qualcosa cui la mente non si abitua, e che può garantirci felicità stabile?
Lo vedremo tra poco.
Il Principio del Progresso
“Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il vento: non c’è alcun vantaggio sotto il sole”
Ecclesiaste, 2:11
Quando ottieni un risultato per cui hai lavorato e faticato, provi soddisfazione.
Ma questa soddisfazione ha una scadenza, e dopo un po’ sparisce. Come quando ottieni un aumento a lavoro, e in pochi giorni ti ci abitui e non ti basta già più.
Il principio di adattamento si applica non solo alle fortune e alle sventure della vita, ma anche a ciò che ottieni con i tuoi sforzi ed il tuo impegno.
Solo che in questo caso, per ottenere nuova soddisfazione, dovrai moltiplicare sempre più il tuo impegno. Finché non ti risucchia la vita.
Le tue conquiste, però, hanno una differenza dalle fortune casuali.
Secondo lo psicologo Richard Davidson l’essere umano prova due forme di soddisfazione. La prima è per l’ottenimento di un risultato. La seconda è per quella positiva sensazione di avanzamento verso l’ottenimento del risultato.
Quella che in gergo psicologico viene definita “affezione positiva da conseguimento precedente l’obiettivo”, di fatto si può semplificare in un concetto elementare: è il viaggio che conta, non la destinazione.
Quando ti impegni per qualcosa che conta, per un obiettivo che merita, per un motivo che smuove la tua motivazione, allora ogni singolo passo verso l’obiettivo diventa motivo di soddisfazione.
A quel punto raggiungere la tua vetta non sarà più soddisfacente che goderti tutto il cammino.
Per il Principio del Progresso, il piacere proviene dai passi compiuti verso i tuoi obiettivi, piuttosto che dal loro raggiungimento.
Ecco perché la vita ha tutto un altro sapore se fai un lavoro che ti piace, se vivi per una missione che ti realizza, se ami ciò che fai e ti spendi per obiettivi che per te hanno valore.
La felicità è (in buona parte) ereditaria
Speravi che leggendo questo articolo potessi trovare una soluzione per essere più felice?
Secondo Lykken e Tellgen potresti restare deluso: i loro studi portano alla sconcertante conclusione che fino all’80% del tuo livello medio di felicità può dipendere dai tuoi geni. Ebbene sì: la felicità è in buona parte ereditaria.
Una conclusione forte, a tratti sconfortante. Ma non aver timore: hai almeno il restante 20% su cui puoi lavorare! 🙂
Vediamo come.
Gli escamotage per una falsa felicità
Ultimamente si stanno diffondendo a macchia d’olio pratiche di suggestione emotiva che producono nel corpo vere e proprie scariche di contentezza, distensione, motivazione o serenità.
Mi riferisco agli eventi ad alto tasso emotivo in cui ottimi persuasori di popoli si arrogano il titolo di “Coach”, esperti in “come dovresti vivere tu”. Come se l’arte di essere felici fosse appannaggio di quelli che sanno convincere.
Ma esistono anche più utili ed innocue pratiche come lo yoga della risata, il Free Hugs (la moda di abbracciarsi per strada con sconosciuti), la visualizzazione, e così via.
Il nostro cervello è condizionabile. E le vie per auto-condizionarti sono infinite.
Ad esempio puoi decidere in questo preciso momento di provare amore, o fiducia, o pace. Ti basta fare due bei respiri, rilasciare ogni pensiero, chiudere gli occhi, e visualizzare qualcosa che ami, una persona di cui ti fidi, o un paesaggio che di da senso di pace. Ci vuole un attimo, e il tuo umore cambia.
Oppure puoi ridere. Così, senza motivo. La risata abbassa drasticamente cortisolo e adrenalina, gli ormoni dello stress, e contribuisce a generare endorfine, che alleviano il dolore e donano uno strano senso di “piacevole intontimento” che ti fa stare bene per alcuni minuti.
Ma puoi anche fare sport, che genera dopamina ed endorfine. Puoi fare shopping, che stimola la dopamina. Puoi abbracciare chiunque, o persino assumere il Prozac, per stimolare la produzione di serotonina.
Ora. Tutte queste pratiche partono da un assunto base: se generi ormoni del benessere il tuo umore migliora. La dopamina dà soddisfazione, le endorfine ti fanno sentire invincibile, la serotonina ti fa sentire innamorato, e così via.
Ma se sei intelligente, così come sei, capirai bene che una cosa è essere intimamente e profondamente felici, un’altra cosa è rinnovare periodicamente ed in modo artificioso la produzione di ormoni, che condizionano il tuo umore, ma che nulla hanno a che vedere con la stabile sensazione di realizzazione e felicità.
Per essere davvero felice devi distinguere la frivola contentezza dalla stabile felicità.
E devi discriminare con la massima attenzione ciò che dall’esterno produce in modo artificioso effetti positivi passeggeri, da ciò che invece all’interno di te ti fa sentire profondamente soddisfatto e felice.
Per dirla in due parole: la felicità viene da dentro. Non puoi relegarla ad esperienze, emozioni o espedienti esterni da te.
I soldi fanno la felicità. Almeno se non ne hai
Il primo gradino di felicità secondo la scienza è dato dalle tue risorse economiche.
Ebbene sì: dopo tanta filosofia, scendiamo nella rude materia concreta. Secondo lo psicologo Ed Diener2 prima che valori o parametri più elevati entrino in gioco, devi avere una base economica accettabile. Se non hai da mangiare, non paghi l’affitto e non sai come restituire i tuoi debiti, ogni sforzo potrebbe essere vano. Solo dopo che tutto questo è pagato, puoi aprirti a temi più esistenziali, e la correlazione soldi-felicità inizia a perdere significatività.
Quindi, condizione basilare per essere felice: avere una base economica accettabile.
Come essere felici: un’ipotesi
La scienza ha detto molto sulla felicità. Ma alla fine ogni esperto arriva alle proprie conclusioni, e ciascuno fornisce la propria ipotesi su cosa renda noi umani degli esseri più felici.
Tra tutte le ipotesi che ho studiato, una mi ha colpito più di altre.
Il filosofo e psicologo Jonathan Haidt, nel suo libro “Felicità: un’ipotesi”, fa un bellissimo paragone tra Bob, un uomo affascinante, in carriera, con salario alto ed una bella casa indipendente con giardino privato, e Mary, una donna sulla cinquantina, obesa, con salario minimo, e una casetta in affitto nel pieno del traffico cittadino.
Il primo passa il tempo a lavorare, la seconda si divide tra marito, figli e la propria comunità parrocchiale.
Il primo è professionale, anche quando esce a cena con gli amici. La seconda è sempre sé stessa, allegra, spensierata, anche a costo di non essere del tutto “adeguata” alle situazioni.
Chi è più felice tra i due?
Bob sembra avere tutto. Ma Mary ha ottime probabilità di essere più felice di lui.
Questo per tre motivi:
- I legami forti: se il Principio di Adattamento vale per quasi tutto ciò che può capitarti, i legami forti, profondi, di totale sinergia e pienezza con altre persone sono uno di quei valori che non dovresti lasciarti scappare. Un buon matrimonio eleva il tuo livello medio di felicità. Avere amici, compagni affidabili, con cui condividere sentimenti profondi, fa altrettanto.
Siamo animali di branco. Se vivi da solo ti allontani da ciò che la biologia dell’evoluzione umana ha scritto per te.
- La fede: sentire di far parte di un qualcosa che va oltre se stessi, oltre il proprio io, eleva ogni tua misera a motivo per sentirti più amato. Ogni tuo limite, ogni tua incapacità diventa la porta di accesso di un amore infinito, incondizionato, che ti ama proprio così come sei. E sentirsi amati, non sopportati, ma amati, soprattutto nelle proprie debolezze, è una delle sensazioni più straordinarie che tu possa mai provare. Ed anche a questo non ci si adatta mai.
- La positività: vivere la vita con libertà, esprimendo se stessi senza imposizioni è una grande fonte di serenità. Vivere impostati genera stress. E lo stress peggiora la felicità e la capacità di vivere la vita con ottimismo. Essere gentili, positivi, cordiali è parte integrante della positività e della libertà.
Questa è la bellissima ipotesi proposta da Haidt. Mi ha colpito, e non potevo non condividerla.
Un pensiero finale
È scientificamente provato che allenare con costanza la propria mente a focalizzarsi su ciò per cui sei grato ti renda più felice. Praticare la gratitudine è utile e piacevole.
Ed anche avere un rapporto stretto con la Natura è utile alla felicità. Così come ascoltare musica, esprimersi liberamente, e curare il proprio corpo, mangiando sano, bevendo e dormendo molto.
Ma se dovessi racchiudere tutti questi bei consigli in un valore universale, un elemento unico, che è alla base della felicità di chiunque, beh non avrei dubbi. Senza dubbio sarebbe l’Amore.
L’Uomo è fatto per amare ed essere amato. I legami forti sono una forma per dare e ricevere Amore. La fede è una delle più grandi fonti di Amore. La positività è Amore per sé e per ciò che la vita ti ha messo davanti.
La gratitudine, la natura, la musica, la libertà, sono tutte forme per provare quell’Amore.
Ridere come un fesso senza nessun motivo non è Amore. È condizionamento.
Abbracciare sconosciuti non è Amore. È condizionamento.
Idolatrare persone, vivere per il proprio cane, spendere soldi inutilmente, perseguire like su facebook, curarsi solo del denaro o del successo non sono Amore. Sono solo il vano tentativo di noi poveri esseri stolti di trovare l’Amore dove invece ci può essere solo contentezza. E poi tanta solitudine.
L’Amore è l’unico elemento che può davvero innalzare la tua felicità. È l’unico che supera i principi di adattamento e di progresso, e che va oltre il tuo DNA.
Se vuoi essere felice persegui il vero Amore, che è dare genuinamente, creare comunione con gli altri, donare se stessi per una causa più grande, e guardare umilmente e con piena disponibilità all’altro come fosse la migliore opportunità che hai per esprimere il meglio di te: l’Amore.
Quello di oggi è stato un tema importante e profondo. Non ho soluzioni universali, ma solo riflessioni da condividere. Mi auguro che questo articolo possa esserti stato utile per riflettere sulle cose davvero importanti per te. Se vorrai, ti aspetto nei commenti sotto.
A presto
Luca
Penso che la felicità sia un concetto molto vicino al senso di appagamento. Una persona è felice se raggiunge le sue aspettative e non ha necessità di altro. Ogni individuo ha qualche esigenza che ritiene prioritario appagare: soldi, famiglia, religione, professione e quindi le varie e multiformi tipologie di felicità.