Come essere se stessi nonostante le aspettative degli altri, e 3 domande per ritrovare ciò che sei veramente
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L’educazione, le esperienze e le seghe mentali producono, nel tempo, un’idea di chi puoi o dovresti essere. Ma spesso tale idea è in contrasto con la tua vera natura. Quando ciò avviene ti senti spento, depotenziato, insicuro e senza energia vitale. Ecco alcune riflessioni sull’ essere davvero se stessi e 3 domande per aiutarti.
Esiste un modo di vivere ed interpretare la propria esistenza che prevede di forzare la propria natura all’interno di certi “canoni di adeguatezza”, che puoi rispettare solo spegnendo alcune espressioni di te, accendendone in modo artificioso delle altre, comprimendoti un po’ da un lato e forzandoti un po’ dall’altro, con l’unico obiettivo di darti una forma che entri al meglio nello spazio che, per davvero o per tua congettura mentale, ti è stato riservato nel mondo.
È come prendere una tigre e metterla in uno zoo, solo per far divertire i bambini. Con la differenza che la tigre la catturi e la metti in gabbia, mentre noi umani ci auto-ingabbiamo da soli, spinti dall’educazione, dalle esperienze negative, dalle paure, da credenze e, soprattutto, da tante, tante seghe mentali.
Ora: i bambini saranno pure felicissimi di vedere la tigre allo zoo, proprio come chi ti giudica, e si compiace del tuo rientrare nei suoi schemi mentali.
Ma ci sono delle controindicazioni a questa “sopravvivenza compressa”.
Primo: una tigre in gabbia non è felice, senza dubbio. Se avesse la coscienza, sentirebbe un immenso senso di vuoto e insensatezza. Non riuscirebbe a capire quali sono le sue qualità, perché oggettivamente, in gabbia, che qualità vuoi far emergere?! Dovrebbe schiacciare il suo intuito, il suo istinto, perché fuori dal suo contesto naturale la farebbero impazzire. Sarebbe triste, demotivata, o persino depressa. E per resistere ai suoi istinti dovrà essere “educata”, se non addirittura sedata.
Secondo: i bambini in realtà non conosceranno mai per davvero la tigre. Perché la vedranno dal vivo, questo è vero, ma non nel suo ambiente, e non con il suo vero carattere. Quindi quella conoscenza risulterà solo parziale, e molto, molto superficiale. E se riporti la questione su di te: che senso ha esprimerti e farti conoscere solo per un 10%, se la tua verità sta principalmente nel restante 90?
Terzo: una tigre in gabbia non serve a nulla. Sarò magari brutale, e forse fatalista, ma se il “cerchio della vita” non ha previsto gabbie per le tigri, ci sarà un perché…
Morale: essere se stessi è una roba seria, è davvero seria! E se desideri essere davvero te stesso, devi capire quali gabbie ti sei costruito, e così come ci sei entrato, devi capire come evaderne, e vivere la tua vera vita, in libertà e pienezza, secondo i tuoi canoni e le tue potenzialità.
Un lavorone mica da ridere…
Ecco alcuni spunti per partire.
Educazione civile, vissuto interiore, immagine di sé
Stare composti a tavola, ubbidire alla mamma, essere gentili e chiedere “per favore”, curare l’igiene e la presentazione di sé, esprimersi con equilibrio, ascoltare chi ti parla.
Sono solo alcuni degli insegnamenti che propongo ai miei figli spontaneamente, senza neanche pensarci. Credo lo facciano tutti i genitori, non ritengo di essere particolare.
Educare a porre dei filtri tra se stessi e il mondo esterno è saggio. Perché esiste un buonsenso, esiste una educazione, e c’è un enorme valore nell’imparare a relazionarsi positivamente, proprio perché non siamo animali solitari.
Ma spesso, forse troppo spesso, l’educazione che ci viene proposta sin da piccoli intacca in modo significativo anche il naturale vissuto interiore che ognuno ha davanti alle situazioni.
Se ubbidire alla mamma vuol dire accettare il consiglio di una persona più grande è un discorso. Ma se vuol dire azzerare la propria volontà, sottomettersi nonostante la propria idea, oppure agire solo in base alla paura di prendersi un ceffone, beh, questa è tutta un’altra storia.
Ecco quando l’educazione fa male: quando invece di dare una traccia al proprio modus operandi (modo di fare) fa interiorizzare un modus cogendi (modo di pensare), e quindi non si limita al “come esprimere ciò che provo / interagire con l’altro / realizzare ciò che desidero”, ma arriva al “cosa dovrei pensare / provare / desiderare”, di fatto alterando la tua natura.
Pensa a quante volte hai subito forzature emotive, coercizioni, o persino batoste, con il solo obiettivo di abbattere o denigrare un tuo pensiero, per valorizzare quello di un altro.
È successo quando eri piccolo, magari ad opera dei tuoi genitori. Ma succede ancora oggi, quando il capo, il collega o la tua “dolce” metà ti forzano a scelte che non sono del tutto tue, e che da solo non faresti.
E sai qual è la situazione peggiore? Quella in cui continue forzature emotive hanno influenzato la tua idea di te stesso, fino a rendere la forzatura di qualcuno una verità per te.
Perché se è vero che “le verità sono solo i pensieri che hai fatto molte volte ripetutamente, finché non li hai fatti diventare verità” (R. Sharma), allora è altrettanto vero che continue conferme o pressioni emotive possono alterare l’idea che ti sei fatto di te.
Essere se stessi, nonostante le aspettative degli altri
Sotto questo tipo di sollecitazioni, nel tempo, finisci per cedere. Perché sei un animale sociale, e l’idea che il tuo “io” venga rigettato non è una opzione sostenibile, proprio per tua natura.
“Almeno così mi apprezzano” è ciò che il tuo inconscio dice a se stesso per mettersi in pace, determinando, di fatto, la perdita della propria libertà di essere se stesso, a favore del giudizio degli altri.
Con le controindicazioni viste sopra: insicurezza, senso di vuoto e insensatezza, demotivazione.
Ma c’è un altro aspetto da considerare: se trasformi te stesso per farti amare o accettare, beh, sappi che gli altri non stanno amando te, ma solo l’immagine che stai dando di te. La tua maschera, in sostanza. E se la indossi, tutto va bene. Quando la togli, non ti riconoscono più. Ulteriore conferma che ti spinge a non toglierla mai.
Ora dimmi: desideri davvero mantenere una posizione non tua, reprimendo la tua esistenza, passando l’unica vita che hai accontentandoti delle briciole, vivendo spesso triste e insoddisfatto, per far conoscere solo la tua maschera, esprimendoti secondo un’idea ristretta di chi puoi essere, e sopprimendo di giorno in giorno la profonda e intensa chiamata ad essere vero, vivo, solare, energico, proattivo, sicuro, centrato, produttivo, e terribilmente unico e straordinario?
No, non ha senso. Non ha alcun senso.
Quando sei davvero te stesso, e sei cosciente del tuo ruolo, della tua funzione, e quando senti di funzionare al meglio in un determinato contesto o dedicando la tua vita ad uno specifico lavoro o una missione personale, non temi il giudizio degli altri. Le altrui aspettative, onestamente, non ti sfiorano nemmeno. Perché sei sicuro di te, centrato, e super coerente con quella che è la tua vera essenza.
E allora, se non vuoi annientare il tuo vero io, l’unica possibilità che hai è lasciare che tu sia amato e odiato, accettato e rifiutato, purché vero, autentico, e genuino.
Il contesto giusto
Tieni presente una cosa: se sei nato cantante in una famiglia di ingegneri, o abbandoni il canto (te stesso) per essere un mediocre ingegnere, o abbandoni l’idea di essere come la tua famiglia, e vai in mezzo ai cantanti.
Non è detto che il luogo in cui sei nato, le persone che ti circondano, il contesto sociale in cui sei siano i migliori per te. Anzi. Spesso è proprio questo insieme di elementi a forzarti in una personalità che in realtà non è la tua.
Lascia il nido. Lascia le sicurezze, lascia le convenzioni, lascia le abitudini, lascia i riferimenti che hai oggi. Perché il mondo è grande, e c’è senza dubbio il luogo giusto per te.
Non cercare di andar bene per il contesto in cui ti trovi, cerca il contesto in cui vai bene, così, per quello che sei.
Perché solo in quel contesto potrai fare la differenza. Solo lì vedrai te stesso risplendere e rinsavire, emergere e contare.
3 domande potenti
Tre domande potenti per richiamarti alla tua identità.
- Cosa stai facendo adesso non perché sia autentico per te, ma perché senti che è atteso da te?
- Qual è un cambiamento coraggioso che ti piacerebbe fare per essere più in linea con il te più vero?
- Qual è il primo passo che puoi compiere ora per avviare quel cambiamento?
Prenditi tempo, riflettici su, e scrivi con carta e penna. Sono domande molto potenti, che possono davvero illuminarti la via.
Se preferisci essere analitico, disegna un cerchio con diversi raggi. Ognuno è un’area della vita: lavoro, finanza, famiglia, amici, amore, fisico, spiritualità, crescita personale, e così via.
Per ogni raggio, rispondi alle tre domande sopra. Scoprirai quali sono gli ambiti in cui sei davvero te stesso, e in quali invece puoi migliorare in integrità ed autenticità.
Conclusioni
La vita ti mette davanti situazioni che necessariamente ti comprimono, e ti obbligano ad adattarti. Su questo non puoi farci niente.
Ma una cosa invece puoi fare: analizzarti, conoscerti, imparare a capire te stesso.
Perché solo così, nel tempo, puoi far venire i nodi al pettine, e trovare la strada che ti realizza e ti fa essere te stesso.
Ricorda le tre domande: cosa fai ora non perché è autentico ma perché è atteso, quale cambiamento puoi fare, e qual è il primo passo.
A me hanno illuminato la via. Sono certo faranno lo stesso con te.
A presto
Luca
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