Comunicazione efficace per instillare nell’altro il desiderio di una versione più evoluta di sé
Lettura 10 minuti
Una delle più grandi sfide personali dell’Homo Intraprendente è quella di aiutare gli altri nel proprio processo di cambiamento ed evoluzione.
Se sei imprenditore o manager sai bene quanto i limiti personali dei tuoi collaboratori impattino sui risultati, e quindi ti trovi spesso nella necessità di dover stimolare o richiedere una evoluzione personale.
Idem verso i tuoi clienti: l’importanza della tua consulenza e dei servizi connessi al tuo prodotto molto spesso consiste nel proporre un cambio di approccio, nel modificare un atteggiamento e un modo di agire che limita i risultati del cliente e non gli consente di ottenere ciò che desidera.
Saper aiutare gli altri nel proprio cambiamento è fondamentale per raggiungere i nostri obiettivi e distinguerci come professionisti di qualità. Ma lo stesso concetto si può applicare nelle relazioni domestiche, con i figli, gli amici e le persone cui teniamo di più, qualora desideriamo che l’altro riesca a superare blocchi e limiti che non lo rendono sereno, felice o costruttivo.
Questa sfida richiede alcune nozioni basilari di comunicazione efficace, perché il nostro messaggio arrivi al cuore e sia davvero d’aiuto.
Voglio darti alcuni strumenti validi per ispirare l’evoluzione, per instillare nel cuore dell’altro il desiderio di evolvere verso una versione migliore di sé, che sia più efficace, più motivata, più vicina all’ ”IO” che desidera diventare.
Prima di iniziare, due precisazioni:
- Questo articolo non parla di metodi di persuasione o abbindolamento para-mentale, e non ti servirà se il tuo obiettivo è dominare il mondo entro i prossimi 40 giorni.
- Se soffri della sindrome della “crocerossina salvailprimochepassa”, sappi che non è immolandoti per la causa che aiuti veramente gli altri. Ci sono persone che hanno bisogno di psicologi e psichiatri, sappili riconoscere. E soprattutto tu hai bisogno del tuo equilibrio vitale ed emotivo per essere efficace. Non fare che questo equilibrio ti manchi, altrimenti rischi di trovarti risucchiato nel vortice delle sfighe altrui, che ti rovinano pur non essendo le tue.
Ciò premesso, partiamo!
Gli strati del nostro IO
Thomas Trobe e Gitte Demant Trobe spiegano nel loro libro “A tu per tu con la paura” un modello molto semplice quanto veritiero relativo agli “strati” protettivi che ci costruiamo a seguito di esperienze negative o traumatiche.
L’idea è la seguente. Immagina di disegnare per terra tre cerchi concentrici, proprio intorno a te.
Il cerchio più esterno è quello che ti protegge dagli “attacchi esterni”. È lo strato protettivo, quello che ti garantisce di non “subire invasioni”. È la “scorza dura” che ti sei costruito per non riprovare dolori o paure vissute in passato.
Quando decidi di stare in questo cerchio, è perché senti la necessità di attaccare o resistere agli attacchi, per difendere e proteggere la parte più vulnerabile di te. Solitamente lo fai indossando una maschera (come ad esempio quello della persona di potere, della vittima, del tipo sexy, del crocerossino, del migliore della classe, del simpatico, dell’atletico, e via discorrendo) o attaccando l’altro in maniera anche dura. Tipicamente i conflitti non sono altro che lo scontro tra strati protettivi di persone differenti.
Lo strato intermedio invece è quello della vulnerabilità. Lo stato vulnerabile è quello più tenero, ricettivo, delicato ed espansivo. È quello in cui abbiamo ricevuto ferite quando ancora non sapevamo proteggerci. Per star bene in questo cerchio devi attorniarti di persone di cui ti fidi, che sai non ti faranno del male. Perché se così non fosse hai due possibilità: scappare verso lo strato protettivo, oppure subire la paura, la vergogna, l’isolamento che lo stare in questo cerchio porta con sé.
Il nucleo centrale, invece, è quello in cui siamo più felici, sereni, confidenti. Proviamo amore, fiducia, gioia, eccitazione. È il cerchio in cui accettiamo ed amiamo la nostra vita così com’è, in cui dimostriamo apertura all’altro e al cambiamento, in cui sentiamo di avere le risorse fisiche, energetiche e mentali per evolvere, cambiare e costruire.
Tutto questo per dire: se vuoi aiutare gli altri a cambiare devi creare le condizioni perché l’altro accetti di stare nel proprio nucleo centrale mentre è con te e mentre tu gli ispiri il cambiamento.
Raggiungere il nucleo
Quante volte hai criticato, giudicato o argomentato razionalmente contro l’azione o la scelta del tuo interlocutore, nella speranza che egli potesse comprendere l’errore e cambiare modo di fare?
Se hai compreso il modello sopra, avrai già capito: non è così che funziona. Se giudichi, critichi, alzi la voce, umili, fai sentire inopportuno, il risultato che ottieni è quello di portare l’altro nello strato di protezione o di vulnerabilità. Che lui reagisca oppure no, non lo stai aiutando a risolvere il vero problema, perché non lo metti in una condizione in cui vede positivamente sé stesso, e di conseguenza non troverà vie d’uscita. Se avrai risultati saranno di breve periodo, e non applicati con convinzione.
Ecco quindi le buone regole per raggiungere il nucleo del tuo interlocutore:
#1 Sii gentile. Primo, fondamentale passo per mettere l’altro in una condizione ricettiva è farlo sentire bene, a suo agio, sicuro.
Sii gentile e disponibile, non farlo sentire criticato ma accettato, dimostra di comprendere la sua posizione.
“La più grande arma del cambiamento è la gentilezza” (Brendon Burchard)
#2 Ascolta. Abbandona il tuo ego e lascia che emergano le motivazioni dell’altro. Una persona che si sente ascoltata ha più disponibilità ad ascoltare e a dare valore a ciò che gli dici. Inoltre otterrai come effetto collaterale una visione più precisa sul motivo profondo delle scelte dell’altro: perché si comporta così, cosa lo spinge veramente verso modalità che non aiutano?
#3 Dimostra la sua importanza. Se il tuo vero obiettivo è aiutare l’altro a cambiare, non devi emergere tu, ma lui. Quando le persone capiscono la loro importanza e comprendono di avere un valore risvegliano energie interiori altrimenti bloccate. Alcuni spunti su come fare:
- Condividi con lui i tuoi obiettivi e chiedi di condividere i suoi.
- Fargli complimenti, chiedi informazioni su qual è il suo prossimo obiettivo, seguilo, richiamalo per avere novità.
- Dagli responsabilità. A nessuno piace sentirsi un automa con obblighi e limiti stringenti. Dagli libertà di scelta, dagli la possibilità di utilizzare le proprie capacità, inclusa la creatività o la capacità di analisi. Delinea i confini e forniscigli le competenze e gli strumenti per portare a termine il compito.
- Segui il suo cambiamento, senza mai fare al posto suo, ma stando al suo fianco.
Cosa fare una volta instaurato il contatto
1# Il tuo primo compito se vuoi aiutare l’altro a cambiare è generare in lui consapevolezza.
Consapevolezza vuol dire guardare dall’esterno in modo più distaccato ed oggettivo possibile il suo operato e valutarne i risultati. Il tuo ruolo è quello di fargli da specchio, senza chiedere, né giudicare o accusare, ma solo mostrare.
Consapevolezza vuol dire anche indicare o ispirare la presenza di eventuali vie alternative. Come si poteva comportare, cosa sarebbe potuto succedere? Che altre strade aveva a disposizione? Quali di queste erano percorribili e quali no? Quali modalità consentivano il raggiungimento dell’obiettivo o di un obiettivo più grande?
2# Il secondo compito è aiutarlo a definire un piano d’azione.
Non imporlo. Chiedi piuttosto: “come potresti fare a…”, “che passi prevedi di mettere in atto per…”. Parlatene, valutate insieme, ed uscite sempre dal colloquio con obiettivi chiari ed un piano d’azione per raggiungerli.
Il piano d’azione ideale deve prevedere piccoli step consequenziali, raggiungibili, che richiedono un impegno ragionevole e costante
#3 infine la cosa più importante: Credici!
La mia amica Valentina un giorno mi disse: “Quando un nonno insegna al proprio nipotino ad andare in bici sa perfettamente in cuor suo che è solo questione di tempo, ma prima o poi il bambino imparerà”. Questa è la sicurezza che permette al nonno di non temere le cadute del bambino, di non instillare in lui il timore di non farcela, ma al contrario di riuscire ad incitarlo, invogliarlo, donargli l’energia giusta per superare gli errori e le cadute. Il bambino percepisce perfettamente questa sicurezza, e ci si appoggia emotivamente, per continuare a provarci, e mantenere viva la speranza di poter riuscire anche lui ad andare in bicicletta.
Il tocco in più
Il miglior stimolo per aiutare gli altri a cambiare è l’esempio personale. Se dimostri di saper vivere il cambiamento in modo positivo e proattivo, se vivi con entusiasmo ed energia, se dimostri ottimismo e voglia di fare, le persone intorno a te cercheranno per sé stesse delle soluzioni per vivere il cambiamento allo stesso modo. Indipendentemente da quale sia la tua “medicina” per affrontare positivamente il cambiamento, gli altri capiranno che una medicina esiste, e quindi si metteranno in cerca di essa.
Non si tratta di ostentare un falso positivismo. Piuttosto di essere tu il primo a dare il benvenuto ai cambiamenti e a valorizzarne gli aspetti positivi. Questo ti consentirà di non perdere mai la motivazione e l’energia necessarie per essere d’esempio, e riuscire davvero a cambiare la vita tua e quella degli altri.
Cosa ne pensi? Hai altri spunti per aiutare gli altri a cambiare?
Grazie se vorrai condividere la tua idea nei commenti
Luca
Leave a Reply